Tra il quindicesimo e il diciottesimo secolo esploratori e colonizzatori europei solcarono gli oceani, espandendosi dal loro continente al mondo intero durante la cosiddetta Età delle scoperte. Però, decenni prima che le navi spagnole attraversassero l’Oceano Atlantico per raggiungere le Americhe, l’Impero Cinese, governato dalla dinastia Ming, vide la propria era delle esplorazioni. Dal 1405 al 1433 sette spedizioni marittime note come “armate del tesoro” salparono il Mar Cinese Meridionale e l’Oceano Indiano, raggiungendo il Sud-Est Asiatico, l’India, la Penisola Arabica e l’Africa. Questi viaggi erano compiuti da enormi flotte, con grandi navi pesantemente armate che trasportavano tesori e ricchezze, proiettando il potere diplomatico e militare dell’Impero Ming in tutta la regione, portando molte nazioni nella sfera d'influenza cinese, a volte con la forza. La storia delle armate del tesoro dei Ming è strettamente legata agli affari interni della Cina e alla vita dell’ammiraglio che guidò le spedizioni: Zheng He, un eunuco musulmano ed ex schiavo.
Zheng He e l’imperatore Yongle
Zheng He nacque con il nome di Ma He nel 1371 in una famiglia musulmana che abitava nell’odierna provincia dello Yunnan, in Cina. A quel tempo, lo Yunnan era governato da lealisti dell’ormai caduta dinastia mongola Yuan, deposta dai Ming nel 1368. Lo stesso Zheng He era un discendente di un governatore mongolo dello Yunnan di nome Ajall Shams al-Din Omar. Le forze Ming attaccarono ciò che restava degli Yuan nello Yunnan nel 1381, e Zheng He fu catturato e poi castrato, diventando un eunuco al servizio di Zhu Di, principe di Yan. Zhu Di all’epoca era il governatore di Pechino, vicino alla frontiera settentrionale, e spesso lanciava campagne militari contro i Mongoli. Zheng He prese parte alle spedizioni come soldato e, nel corso degli anni, divenne un fidato confidente del principe, e ricevette un’educazione formale.
Grazie al suo crescente potere, Zhu Di era considerato un rivale dall’imperatore regnante Jianwen, che ordinò il suo arresto nel 1399. Il principe di Yan rispose guidando una ribellione contro la corte imperiale che divenne una guerra civile lunga tre anni nota come Campagna Jingnan. Durante tutta la guerra Zheng He assistette il suo padrone come comandante militare e, dopo il successo della ribellione, Zhu Di fu incoronato come imperatore Yongle nel 1402. Il nuovo imperatore promosse il suo eunuco preferito, ancora chiamato Ma He, a Grande Direttore del Direttorato dei Servitori di Palazzo, e gli diede il nuovo cognome Zheng nel 1404, in riferimento alla sua vittoria contro le forze nemiche a Zhenglunba, la riserva d’acqua cittadina di Pechino, durante la Campagna Jingnan cinque anni prima.
Statua di Zheng He a Nanchino, Cina (sinistra) (Vmenkov, Wikimedia Commons, CC BY-SA 3.0) e un ritratto dell'imperatore Yongle (destra).
Proiettando il potere: i primi tre viaggi dell'armata del tesoro
L’imperatore Yongle voleva espandere il potere della Cina e uno dei suoi obiettivi principali era quello di stabilire il controllo imperiale sul commercio nell’Oceano Indiano, estendendo anche il sistema tributario dell’impero. Ordinò la costruzione di un’enorme flotta, che includeva navi da guerra, commerciali e di supporto, e mise Zheng He al comando. Però, secondo il testo storico Storia dei Ming, la pesantemente armata prima spedizione potrebbe essere invece stata ordinata solo per trovare l’imperatore Jianwen, il deposto predecessore di Yongle, che si riteneva fosse fuggito nel Sud-Est Asiatico.
A prescindere dal vero motivo, il primo viaggio partì dalla capitale imperiale Nanchino l’11 luglio 1405, dopo aver offerto sacrifici e preghiere a Tianfei, la dea tutelare dei marinai, alla quale Zheng He era devoto nel suo singolare sincretismo tra Islam e religione tradizionale cinese. La prima spedizione portò regali e lettere imperiali nelle sue 62 navi del tesoro, mentre 255 vascelli presero parte al viaggio. Non è chiaro se queste 255 fossero tutte le navi o solo quelle di supporto, nel secondo caso il numero totale di navi che presero parte al viaggio aumenterebbe fino a 317. L’equipaggio delle navi contava quasi 28.000 uomini.
La flotta raggiunse Champa, nell’odierno Vietnam, e continuò a sud nel 1406 verso Malacca e poi Giava, prima di tornare a nord e passare lo Stretto di Malacca. La spedizione visitò Sumatra settentrionale e le Isole Andamane, e poi solcò l’Oceano Indiano verso Ceylon, ora Sri Lanka, dove il re locale Alakeshvara fu ostile alla flotta. Dopo aver lasciato Ceylon, il viaggio raggiunse la sua destinazione finale a Calicut, sulla costa sudoccidentale dell’India. La flotta potrebbe essere rimasta per alcuni mesi a Calicut prima del viaggio di ritorno nel 1407, durante il quale Zheng He sconfisse i pirati guidati da Chen Zuyi che occupavano Palembang sull’isola di Sumatra. Dopo la cattura e l’esecuzione di Chen Zuyi, i Ming mandarono il fidato funzionario Shi Jinqing a governare Palembang, guadagnando l’accesso a un porto strategico sullo Stretto di Malacca. La spedizione ritornò a Nanchino il 2 ottobre 1407, e immediatamente un secondo viaggio fu ordinato dall’imperatore Yongle. Questo cominciò verso la fine del 1407 o l’inizio del 1408 con 249 navi.
Il secondo viaggio seguì un percorso simile al primo, fermandosi a Champa, Siam, Giava, Malacca e Sumatra, ma la spedizione evitò Ceylon prima di raggiungere Calicut. Lì, i Ming stabilirono una relazione amichevole con il re locale, mentre ci furono tensioni tra la Cina e l’Impero Majapahit di Giava dopo che i giavanesi uccisero alcuni membri di un’ambasciata cinese. La disputa fu risolta quando Majapahit si scusò e mandò oro ai Ming come compensazione, ripristinando le relazioni diplomatiche.
La seconda spedizione tornò a Nanchino nell’estate del 1409, ma una terza era già stata ordinata alcuni mesi prima, perciò Zheng He partì di nuovo con la sua flotta quell’ottobre. Dopo aver seguito la solita rotta, la spedizione Ming sbarcò a Ceylon nel 1410 o 1411, e depose con le sue forze militari il re Alakeshvara del locale regno di Kotte, che si era opposto alla presenza cinese anni prima. La flotta Ming, che contava oltre 27.000 uomini, sconfisse il più grande esercito singalese di 50.000 soldati, e mise l’alleato Parakramabahu VI sul trono di Kotte. Il terzo viaggio si concluse nel luglio 1411, con il ritorno della flotta a Nanchino.
Modello di una nave del tesoro nel Museo Nazionale della Cina a Pechino (Gary Todd, Wikimedia Commons, CC0 1.0).
La Cina domina il commercio nell'Oceano Indiano
La quarta spedizione lasciò Nanchino nell’autunno del 1413, con interpreti e traduttori per semplificare il commercio con i paesi islamici. La flotta seguì la rotta familiare verso Calicut prima di salpare oltre l’India per raggiungere le Maldive e le Isole Laccadive, e poi Hormuz, nell’odierno Iran. Dopo gli scambi commerciali con la gente del posto, la spedizione si fermò a Sumatra durante il viaggio di ritorno. Lì, le truppe Ming attaccarono e deposero Sekandar, usurpatore del legittimo sovrano del Sultanato di Pasai. Dopo aver riaffermato l’influenza cinese sullo Stretto di Malacca, la flotta ritornò a Nanchino nell’agosto 1415.
Mentre era in corso la quarta spedizione, l’imperatore Yongle stava combattendo i Mongoli sul confine settentrionale, e tornò nella capitale solo verso la fine del 1416. Dopo il suo ritorno, fu indetta una grande cerimonia e l’imperatore ricevette gli ambasciatori di diciotto nazioni, ognuno dei quali portava dei doni per lui. L’imperatore Yongle immediatamente annunciò un quinto viaggio per scortare a casa gli ambasciatori e mandare doni ai loro paesi.
Il quinto viaggio andò ancora più lontano del quarto. Partita nell’autunno del 1417, la flotta raggiunse nuovamente Hormuz prima di continuare verso Aden, nella Penisola Arabica, Mogadiscio e Brava, entrambe ora in Somalia, e arrivando infine a Malindi, nell’odierno Kenya. La fermata ad Aden nel 1419 è ben documentata nelle testimonianze locali, che descrivono splendide e ricche “navi-drago”, piene di tesori. Il sultano della dinastia dei Rasulidi, che governava lo Yemen all’epoca, mandò doni e tributi sottomettendosi ai Ming in cambio di protezione contro il Sultanato Mamelucco d’Egitto. Quando la flotta tornò in Cina nell’agosto 1419 portò molti animali esotici come leoni e ghepardi dallo Yemen, giraffe dalla Somalia, e anche cammelli, zebre, rinoceronti, struzzi, antilopi e leopardi.
Nel 1421 fu emanato un ordine per il sesto viaggio che, in modo simile al precedente, aveva l’obiettivo di riportare a casa gli ambasciatori stranieri con ancora più doni, in gran parte prodotti di seta. Partita nel novembre 1421, questa spedizione arrivò a Ceylon e poi si divise in gruppi più piccoli, ognuno diretto verso differenti destinazioni già visitate in precedenza in India, nelle Maldive, a Hormuz, in vari stati arabi e sulla costa orientale dell’Africa. Dopo aver riunito l’intera flotta, la spedizione si fermò in Siam prima di tornare in Cina nel settembre 1422.
Raffigurazione di una giraffa donata da inviati bengalesi all'imperatore Yongle.
L'ultimo viaggio dell’armata del tesoro
I viaggi furono temporaneamente interrotti dopo il sesto, dato che i fondi furono dirottati verso le campagne in corso contro i Mongoli a nord. Nel 1424, Zheng He salpò fino a Palembang per una breve missione diplomatica, ma al suo ritorno scoprì che l’imperatore Yongle era morto ed era stato succeduto da suo figlio Hongxi. Il nuovo imperatore era contrario ai viaggi dell’armata del tesoro e cancellò ufficialmente ogni piano per spedizioni future. Zheng He fu nominato Difensore di Nanchino e mantenne la sua flotta, ma solo come parte della guarnigione della capitale. Però, l’imperatore Hongxi morì nel maggio 1425 e gli successe il figlio Xuande. Sotto il nuovo sovrano Zheng He inizialmente mantenne la sua posizione nella capitale, addirittura supervisionando il restauro del Grande Tempio Bao’en nella città, e poi gli fu ordinato di comandare un settimo viaggio nell’Oceano Indiano nel 1430.
Il settimo, e ultimo, viaggio dell’armata del tesoro, partì da Nanchino il 19 gennaio 1431, con l’obiettivo di richiedere tributi e sottomissione dai paesi stranieri. Dopo aver seguito la costa della Cina, la flotta raggiunse il Vietnam, prima di continuare verso Surabaya, Palembang e Malacca. La spedizione si fermò a Semudera, nel nord di Sumatra, dove la flotta fu divisa in due. Mentre il gruppo principale attraversò l’oceano per raggiungere Ceylon e Calicut, uno squadrone più piccolo visitò Chittagong, Sonargaon e Gaur nel Bengala, prima di riunirsi con le altre navi a Calicut.
L’itinerario della spedizione non è chiaro dopo Calicut, alcune fonti riportano solo una visita a Hormuz, mentre altre suggeriscono che almeno alcune delle navi potrebbero aver salpato fino all’Africa orientale e la costa araba, addirittura raggiungendo La Mecca. In ogni caso, la flotta tornò in Cina nel settembre 1433. Le fonti sono contraddittorie anche sulla morte di Zheng He, che potrebbe essersi verificata o durante il settimo viaggio o poco dopo, nel 1435. Questo segnò la fine dei viaggi dell’armata del tesoro dei Ming. Perché esattamente non furono mai ordinate altre spedizioni non è chiaro, ma potrebbe essere stato causato da burocrati, commercianti e altri potenti individui che volevano proteggere i propri interessi economici in Cina, opponendosi a un totale controllo del governo sul commercio con l’estero.
Mappa dei viaggi dell'armata del tesoro di Zheng He (SY, Wikimedia Commons, CC BY-SA 4.0).
Il declino dell'Impero Ming
Dopo i viaggi dell’armata del tesoro, l’Impero Ming, la più grande potenza navale in Asia, entrò in un graduale declino con l’indebolirsi del sistema tributario e la perdita del monopolio marittimo. Il commercio nell’Oceano Indiano e nel Mar Cinese Meridionale fiorì ancora per qualche tempo anche dopo la fine dei viaggi dell’armata del tesoro, ma poi i Ming iniziarono a passare dal commercio con l’estero a quello locale, lasciando i mari. Nei decenni successivi, i viaggi furono descritti dai funzionari statali come uno spreco, costosi, esagerati e addirittura contrari ai principi confuciani. L’assenza dell’influenza cinese nell’Oceano Indiano lasciò un vuoto di potere nella regione per decenni, fino a quando gli esploratori europei cominciarono a prendere il controllo del commercio nell’area alla fine del quindicesimo secolo. La memoria dell’armata del tesoro dei Ming però, rimase nelle regioni che visitò molto più a lungo.
È interessante pensare a cosa sarebbe potuto succedere se le spedizioni dei Ming fossero continuate e avessero viaggiato più lontano. Forse le flotte cinesi avrebbero potuto passare il Capo di Buona Speranza entrando nell’Oceano Atlantico. Forse avrebbero potuto raggiungere e anche colonizzare l’Australia secoli prima degli europei. E se avessero deciso di salpare verso est, attraverso l’Oceano Pacifico, mettendo piede sulla costa occidentale dell’America? Ci sarebbe potuta essere una guerra tra l’Impero Ming e le potenze occidentali per il controllo del commercio nell’Oceano Indiano o addirittura globale? Non lo sapremo mai, ma questa possibilità rimane uno dei più affascinanti scenari ipotetici della storia.